Impressioni di Settembre. Mezza di Monza e Salomon Running Milano

La settimana di gare hard è finita. Dopo mesi e mesi che non affrontavo le medie distanze, ecco che una domenica via l’altra ne faccio ben due, prima la Mezza di Monza, 21 km di acqua e freddo, e poi la Salomon Running Milano di 25km di trail cittadino.
Potrei fare come un’intervista doppia e mettere le due gare a confronto, ma sono talmente distanti tra loro che la cosa non ha molto senso. In entrambi i casi però ha vinto il sorriso e la gran partecipazione di runners, sia che fosse sotto una bomba d’acqua che su un percorso particolarmente diverso da solito piattone milanese.
Con il senno di poi, la cosa che mi salta in mente per prima è che fare 25km come urban trail è decisamente meno faticoso di 21 al Parco di Monza, che ogni volta che mi capita di correrci lo trovo sì allenante, ma super faticoso. O forse il problema era la quantità di pioggia che c’era domenica scorsa? Ma tant’è.

La seconda cosa, spiacevolissima, è stata scoprire, una volta a casa, che alla Salomon c’era la birra come ristoro finale. E sì che lo sapevo eh..ma niente.. non ho visto lo stand. Penso che dopo questa dimenticanza, almeno la metà dei miei amici mi toglierà il saluto per sempre.

Allora, la Mezza di Monza. Alle 8 del mattino viene giù che dio la manda e ti chiedi, tutti ci chiediamo: ma stai dicendo veramente?!? Un’acqua che era dall’82 che non ne veniva giù così tanta. Che poi, bello eh correre sotto l’acqua, ti liberi dei pensieri, le pozzanghere nelle quali non potevi buttarti da bambina, la pioggia che ti fa colare il mascara, la matita, il fondotinta, il vento che ti tempra, le foto con il sacchetto dell’immondizia, le vesciche che senti crescere nei piedi insieme ai funghi, l’umidità del parco che ti entra nelle ossa.
Aaaaaah, che bellezza! che sensazione di libertà! che gioia! Meglio la pioggia del sole.. sì vabbè, crediamoci. Va bene due gocce, ma se prima e dopo e durante il diluvio, onestamente avrei preferito un bel 25 gradi ventilato. Comunque, più di 4000 partenti. Quattromila pazzi che, se guardate le foto ufficiali, ridono e sorridono come se correre sotto il nubifragio fosse la cosa più liberatoria de mondo. E’ lo è! Diobon, so che sono contraddittoria, ma l’acqua porta il sorriso, e anche le parolacce non c’è dubbio, ma è come quando i bambini sono in piscina. Ridi, schiamazzi, ridi. E corri felice.

La gara in sè, a parte la pioggia di cui non possiamo incolpare nessuno, a me è piaciuta. Era la mia prima volta alla Mezza di Monza. Bella medaglia, bella maglia, il ristoro così così, il percorso faticoso ma bello. Non so, quelle finte salite, quelle finte discese, i sottopassi, il circuito, a me correre a Monza mi ammazza ogni volta. Già partivo con il solito dolorino al quadricipite, al piriforme, alle ginocchia.. ecco.. messa bene ma non benissimo. Il traguardo l’ho tagliato sorridente credo, che quando a 200 metri vedi i gonfiabili è come l’apparizione della Madonna, e allora sì, ce l’hai fatta e nonostante l’anzianità e la non-competizione che mi pervade, pure a me parte un po’ quell’embolo lì dello sprint finale, giusto per morire tra le braccia del primo che mi raccoglie e farmi salire quel magone lì di felicità mista all’adrenalina mista al sollievo misto al respiro ansimante misto alla commozione generale.

Due ore e qualche minuto, che a fare foto sul percorso stavolta non mi sono fermata, che i picnic ai ristori (Robertina!) stavolta non li ho fatti, però una sostapipì a tre km dalla partenza sì e, cosa posso dire.. ho fatto anche un tempo onesto dopo 6 mesi che non affrontavo una distanza lunga, in previsione della Mezza di Milano, gara che vorrei onorare con un “sotto le due ore” e speriamo che io me la cavo. Staremo a vedere. Sempre senza ansie, new mood f/w 2017-18.

Ma parliamo della Salomon Running Milano che si è svolta ieri.
Perchè iscrivermi alla distanza hard di 25km? Eh, perchè? Che lo so il perché, volevo provare la sensazione di fare 644 gradini. Ma nonostante sapessi il motivo, ho continuato a chiedermelo fino al momento dello start, e poi.. poi.. poi ragazzi! assolutamente da fare. E rifare. Arrivo in Arena strapuntuale, che a sorpresa (dal giorno prima) so che sarò intervistata da Icarus.. no dico, state davvero parlando con me?!? Ahhahahaha, non sapevo se ridere o piangere, ma è la verità, cari i miei affezionati lettori. Sarò trasmetta su Icarus e appena saprò date e orario ve lo cominicherò di certo. Quindi scendo dagli spalti dove è stata fatta l’intervista, e incontro e saluto mezzo mondo.
Oggi sono tutti qui. Tutto il mondo runnar milanese è qui. Chi per la 10, che per la 15, chi per la 25km. Il tempo è la temperatura sono perfetti. Gente con tight e termiche a maniche lunghe manco fosse gennaio, che fa un caldo solo a star fermi. Nel mio outfit estivo, coordinato alla maglia di gara, sto una bellezza. Tutta azzurra come il cielo meraviglioso sopra di noi. E poi via con i propri riti pregara. Io, ad esempio, ogni volta che sono in griglia, mi allaccio e slaccio le scarpe. Qualche minuto prima dello start col rischio di farmi travolgere dai corridori. Non so perchè, ho sempre sto problema col le stringhe e le dita dei piedi che mi si indolenziscono.

Venticinque chilometri che son sembrati (quasi) una passeggiata. Finché non siamo arrivati in Montagnetta. Prima di quello, il percorso si è snodato in pieno centro. Piazza della Scala, Duomo, Palazzo Marino, quindi asfalto e pavè..niente di impossibile. Un pò di parco Sempione, il fossato del Castello Sforzesco. Che emozione incredibile qua. Quindi erba bagnata, un pò di fango ghiaia asfalto marcipiedi pista cicliabile. La mia città. La mia meravigliosa città.

Poi via a correre all’Arco della Pace, attraversando corso Sempione, la vecchia Fiera, il Mido scale scalini scale a chiocciola..un mini assaggio di quello che ci aspetta. E la Montagnetta. Tre o quattro salite in verticale, neanche mi ricordo più, una fatica indicibile, il terreno fangoso sconnesso e poi le discese velocissime..io amo questo tipo di percorso, come alle tapasciate, altro che asfalto. La terra sotto i piedi, scivolare aggrapparsi puntare i piedi correre piegati in avanti, gli alberi le foglie e la scalinata nascosta riportata alla luce da Silvio Omodeo, organizzatore della corsa. Il Parco del Portello, il gira gira, Casa Milan, i laghetti, il ponte sopra la tangenziale che vibra sotto ogni passo, il campo da Golf e ancora terra e fango e pozzanghere da schivare ma anche chissenefrega è il bello di questa corsa. E il ristoro con i gel che mi sono dementicata a casa. E forse era meglio non prenderlo che mi pare mi disturbi un attimo, e hanno una dimensione gigante che neanche ci stanno nella taschina dei pantaloncini. Ma sto bene invece, allarme rientrato.

Arrivare finalmente a City Life, dove ci aspetta la tanto attesa, almeno per me, Torre Allianz. Con Antonio Capasso, il mitico fotografo, che urla: ve la siete presa comoda eh! E siamo al 20 km circa, metro più metro meno e a due ore di tempo dalla aprtenza ed ecco che entriamo nell’atrio, un tappeto per asciugare le scarpe e evitare di ruzzolare per terra e via a correre finchè non arriva la prima rampa. E su per le scale, un pò correndo iun pò camminando, un gradino alla volta, due alla volta e ansimare prendere fiato tenersi al corrimano.
E’ tutto bianco, le rampe però sono larghe, meno faticose di quelle del mio condominio, si sale e poi è il decimo piano, il dodicesimo e ne mancano solo 11. Pensavo peggio. E i volontari che applaudono incitano i fotografi a fare le foto i runners presi dai crampi e io salgo e sono su e poi al 18° e in un attimo il 23esimo. E non ho provato utta questa gran fatica, non ho corso certo, le cosce comunque bruciavano e poi il passaggio sul corridoio di collegamento con le scale della discesa. Non so quanto ci ho messo, il garmin non prendeva, forse 7-10 minuti..15, non ne ho idea..e giù quasi a rotta di collo, ricordandomi che in allenamento alle fine della discesa girava tutto..e quindi ogni tanto mi fermo ma vado via bene, scendo e scendo e arrivo giù e si esce dal grattacielo e dopo tutto questo bianco, il sole all’improvviso. E i crampi.

E nonostante i booster, eccolo lì il maledetto. Subito dopo le scale, lo sento il crampo nel polpaccio sinistro che mi sta attanagliando. Lo sento salire. Proprio dentro i muscoli. E mi fermo un minuto, tiro un pò la gamba. Ma dio, non voglio fermarmi. Vado bene. Sto tenendo un ottimo ritmo. Km a 5,20-5,30-5,40…a parte i 4 km in montagnetta, sto benone il tempo è perfetto in tutti i sensi. E riparto e corro e vado via veloce E un pò lo sento ancora lì, ma l’ho vinta io. Allarme rientrato per la seconda volta. Il polpaccio non urla più, quadricipiti piriformi stanno tutti bene. Ora sono più tranquilla.

Mancano davvero pochi chilometri alla fine. Ventidue. Ventitre. Ci avviciniamo all’Arena. Entriamo nello splendido giardino della Triennale, tra sculture e gente che fa il brunch e noi come furie a calpestare gli ultimi metri che ci separano dalla medaglia e dalla gioia infinita, dall’alzare in alto le braccia. Dall’aver vinto, comunque. Ci siamo. Ancora due chilometri, poi uno. Poi l’Arena si staglia di fronte a noi e facciamo mezzo giro esterno per raggiungere l’ingresso. E poi.
E poi siamo dentro. L’onda nera degli Urban Runners a incitare e applaudire noi che stiamo arrivando. Ancora un mezzo giro di pista e poi eccoli lì, i gonfiabili.

Eccolo, il traguardo. Ed ecco Chiara, Anna. Inaspettate. E poi tutte le maglie rosa e i sorrisoni delle Wir che non vedevo da mai ad applaudirmi e salutarmi. E poi ti chiedono perchè corri. Ti chiedono chi te lo fa fare di svegliarti alle 6 tutte le domeniche. Ecco. Divertimento assicurato. Nelle passate edizioni avevo provato gli altri due percorsi e anche quelli sono affascinanti e divertenti. Una gara da fare assolutamente, e da rifare.

E sono qua, 40 ore dopo, a scrivere e ancora non mi passa l’emozione, e mi sale il groppo in gola e quasi le lacrime. E la contentezza, non solo di averla finita, non solo di averla finita bene e meglio di come speravo, non solo di essere arrivata con serenità e col sorriso e senza la faccia e il fisico distrutti, non solo di aver affrontato un grattacielo, non solo di aver sconfitto i crampi. La contentezza di tutto quello che c’è prima e durante, ma sopratutto dopo. E i sorrisi e gli abbracci e i brava e le foto. E il salto sotto il traguardo. E la medaglia al collo.

La medaglia al collo.

#YouCanBeHero, non dimenticarlo mai

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