Mancano tre giorni alla gara. Mancano tre giorni al mio primo 70.3.
Non penso. Non voglio sapere. Non riesco neanche a immaginare la partenza. Figuriamoci l’arrivo. Non focalizzo niente. Il cervello come Homer Simpson, con i covoni che rotolano a vuoto spinti dal vento, dal nulla cosmico.
Ma ci siamo, porcavacca. Non c’è niente più da dire, e sopratutto niente più da fare. Mi fermo un attimo, ora, per scrivere le emozioni che passano e vanno. Tutto è fermo. Sospeso. Impalpabile. Non so cos’è un Mezzo Ironman. Non so cosa voglia dire fare una gara di endurance, stare in ballo 6-7 ore. Non so cosa voglia dire fisicamente, e mentalmente. Cosa pensa la tua mente per tutto quel tempo?
Una settimana fa ho pubblicato questo post su facebook:
Mancano dieci giorni dieci. Ora più, ora meno. Oggi nuotando ho focalizzato la cosa. E se fino a ieri mi ripetevo che avevo fatto il passo più lungo delle mie gambette, sì. Ho fatto il passo più lungo. Questo l’ho ben focalizzato. Non ho focalizzato bene l’immagine di me che taglia quel traguardo, a Cervia, fra dieci giorni. Sarà una questione di diotrie. Ma proprio non la vedo. Dopo i dubbi, le incertezze, le perplessità, le scuse, i dolori veri e immaginari, le probabilità, gli imprevisti (ma magari!), i sacramenti, le indecisioni (tutto molto positivo eh) credo proprio di non aver più scelta. Dovrò presentarmi sulla linea di partenza di questo IM70.3. Se non altro per onorare la divisa, in un modo o nell’altro. Speriamo più in un modo solo.
Che poi, che sarà mai? Solo sette ore di gara. Minuto più, minuto meno. A pensar positivo eh.
Che sarà mai, se ho portato a casa tre maratone, due deejay 100, una granfondo del Naviglio, mi sono calata in un cenote messicano lanciandomi in acqua da non so quanti metri, se ho guadato fiumi, corso nel fango, nuotato nell’Idroscalo, superato ostacoli, volato su un piper, su una navicella spaziale, seppur fosse una giostra, se ho pedalato fin su al Galibier e poi all’Izoard senza neanche sapere cosa fossero, se mi sono sparata ventritre piani ventritre di scale di un grattacielo, se ho partecipato a StrongmanRun, InfernoRun, gare a ostacoli, SarnicoLovere e CortinaDobbiaco, pure una Maratona a tappe per ben due volte, una 12ore a pedalare. E tutto questo pure alla mia veneranda età. Se ne fanno di cazzate eh. Che sarà mai, fare un mezzo Ironman? Pezzettino per pezzettino. Boa dopo boa. Curva dopo curva. Ristoro dopo ristoro. Pezzettino per pezzettino. Un braccio dopo l’altro, una pedalata dopo l’altra, un passo dopo l’altro. Solo un lavoro di gambe, per sette ore. Minuto più, minuto meno. Che tanto la testa se ne andrà chissà dove. Che sarà mai, se ci metti sei ore, sette ore, minuto più minuto meno? Che sarà mai se la muta in zona cambio non esce dai piedi? Se il mare sarà mosso e il vento in bici sarà contro? Se il gel non ti farà diventare un supereroe? Che sarà mai se la corsa si trasformerà in una camminata?
Trucco waterproof e sorridere sempre, che il fotografo è sempre – SEMPRE – dietro l’angolo. Poi morire. Ma solo dopo aver tagliato quel maledetto traguardo. Mancano dieci giorni. Ora più, ora meno.
Non è cambiato niente. Non corro da 15 giorni, mi fanno male le ginocchia, ieri (a 4 giorni dalla gara) ho rifatto il posizionamento della bici. Ad oggi la muta è vietata perchè le temperature sono alte. Insomma, mai una gioia!
La tensione però, quella sì, inizia a salire. Sono le 17.30 di mercoledi e ancora non ho incominciato a fare la valigia. Non ho letto le mail mandate dall’organizzazione, ho scaricato 5 minuti fa i percorsi e mi sono accorta che la corsa prevede 3 giri, la bici pare abbia una salita al 2,7km al 7% o forse di 3,5km al 5% e un altro all’8% con finale al 10-12%. Sarà tutto da scoprire, che poi dopo il Galibier cosa vuoi che sia. E il nuoto, 1900mt e che dio ce la mandi buona.
Ancora non mi capacito del perchè mi sono iscritta, ma oramai ci siamo. Ho iniziato questo viaggio ad Aprile. Sei mesi di allenamenti, di chilometri e chilometri in acqua, su strada, sulle gambe, sulle ruote. Sei mesi di alti e bassi, di voglia di allenarmi ma mica sempre, di pedalare e nuotare, poi si è gonfiato il braccio e allora stai ferma con il nuoto. Poi mi è passata la voglia di correre. Insomma, un disastro! Sei mesi dove è successo di tutto. Ho perso mio zio, ho perso il lavoro, ho perso un pò la voglia di allenarmi ma non necessariamente collegata a queste due cose.
Però sono anche stata a Sestriere, dove allenarsi invece è stato motivante, bello, faticoso ma pieno di soddisfazioni personali, di vette raggiunte, di limiti superati. Sei mesi nei quali incontri inaspettati ti illuminano dentro. Dove certe serate ti danno una carica in più perchè le tue amiche ti ritengono un’eroina per il coraggio di partecipare a una gara simile. Dove con Francesca ci siamo fatte forza a vicenda cercando di allontanare l’ansia. E non sempre ci siamo riuscite. Quindi per tutte loro, per mio zio, per chi mi guarda con occhi diversi, il 70.3 devo portarlo a casa. Pezzettino per pezzettino. Boa dopo boa. Curva dopo curva. Ristoro dopo ristoro. Pezzettino per pezzettino.
Comunque, oramai ci siamo. Sei mesi che sembrano tantissimi poi invece è già il 22 settembre. Quasi eh.
Ci siamo, porcavacca. Domani partiamo, Francesca e io, ormai mia partner in crime, e si va. Andrà come deve andare, con i non allenamenti fatti, e le inutili recriminazioni. Ora bisogna respirare, respirare profondo e gustare, ricordare, vivere ogni istante ogni momento ogni tutto. Andiamo e portiamo a casa questa medaglia al meglio che possiamo. Con fatica e sicuramente tantissime lacrime. Andiamo e varchiamo quel traguardo, che il mondo ci guarda!
Poi lo dicono anche loro, quelli del’Ironman: Anything is Possible. Non c’è altro modo che andarlo a scoprire personalmente no? Dai, via dubbi e perplessità, quel che fatto è fatto.. il viaggio inizia adesso e l’avventura è tutta da vivere!
Vado a fare le valigie, che c’è bisogno di tantissima concentrazione.
E non c’è niente di più bello
dell’istante che precede il viaggio,
l’istante in cui l’orizzonte del domani
viene a renderci visita
e a raccontarci le sue promesse.
Milan Kundera