Le gare, il triathlon, la corsa, il panico, il ritiro, la rivincita. Storia di un lungo sabato di sport

AH, QUANTO È BELLO LO SPORT! Ti dà, ti toglie, ti realizza, ti deprime, ti fa sognare, ti spaventa, ti fa battere il cuore, ti fa ridere, sorridere, ti fa piangere, ti fa soffrire, ti fa amare, ti fa perdere. Ti fa vincere. SEMPRE.

Non sai mai cosa può succedere in allenamento, figuriamoci in gara dove tutto è moltiplicato, centuplicato, le emozioni, le sensazioni, le ansie, le aspettative. Le tue le altre quelli che ti dicono vai a cannone, non esagerare, hai una certa, ma cosa fai, a tutta, muovi quel culo, tutti ne sanno più di te, tutti fenomeni oppure tutti che a momenti neanche sanno camminare.. insomma anche se coscientemente non ti sembra, l’adrenalina sobbolle pronta a diventare esplosione, i nervi sembrano sopiti pronti a esplodere, il nervosismo stemperato in battute.
Sul piatto le ore di allenamento, di sonno perso, di pranzi veloci per aver più tempo in bici, in corsa, in piscina. Vabbè, non è il mio caso che dormo pacificamente 8-9 ore a notte, e ho mattinate intere e lunghe per allenarmi, ma per tutti gli altri più o meno è così.

Poi arriva la gara, il giorno fatidico, il Today is the day, che in realtà per me fa parte del percorso per arrivare a Cervia, a quel fatidico 22 settembre, a quell’iscrizione fatta in un giorno qualsiasi in un’ora qualsiasi, indecisa per un attimo tra due numeri: 5i.50 o 70.3. Ma questa è un’altra storia.

OLIMPICO DEEJAYTRI, GHE SEM. A me piace fare triathlon, mi piacciono gli allenamenti diversificati, mi piace il DeeJayTri perchè è una grande festa, son due giorni nella natura, nello sport, dove tutti parlano la stessa lingua chi più forbita chi in maniera scolastica. E sopratutto è sotto casa, nel mare di Milano e dopo questo inverno, in cui ho litigato con la corsa, dove proprio ce l’avevo a noia, a morte, un’odio viscerale, che anche solo due chilometri erano sofferenza mentale e di conseguenza fisica, buttarmi nel nuoto e fare bici e palestra sono stati un toccasana mentalmente e sopratutto fisicamente.
Poi ho deciso di affidarmi a un coach, Claudio, e ora la corsa non è più così odiata, anzi corro volentieri. A volte bastano un obiettivo, un piano d’allenamento, qualcuno che ti convince con le parole giuste senza farti pesare niente, un sorriso, un sarà tutto allenamento, un bonifico al sito Ironman ed ecco che la voglia di provare una nuova avventura torna intatta e anzi, esaltante.

Ma torniamo a sabato. Sono le 10.30, arrivo all’Idroscalo in bici da Peschiera, dove ho parcheggiato per non rimanere incastrata post gara nelle strade chiuse perchè alle 19 devo essere in Arena. Raggiungo il gazebo del Cus Pro Patria Triathlon, la mia squadra da quest’anno, e tra una chiacchiera e nuove conoscenze arriva il momento di portare la #BlueStar in zona cambio.

LA ZONA CAMBIO. E’ quando vai in zona cambio che sbatti contro il muro del dove sei cosa fai perchè lo fai. Anche se non è il primo olimpico che faccio. Sistemo le mie cose ripassando nella testa tutto quello che mi servirà in bici e in corsa. Scarpe run e bike, calze, occhiali, casco, asciugamanino, gel, borracce, barrette, cappellino, pettorale. Piano, con calma. Sale l’adrenalina piano piano senza grosse accelerazioni cardiache, è lì, pronta a scombussolare tutto. Si avvicina il momento della partenza. Manca un’ora più o meno. Ma dov’è il mio coach??? Aiutt

PREPARATIVI. Saluti chiacchiere baci ma in realtà sono già in ritiro spirituale. Diciamo quel momento in cui sei simpatica ma non simpaticissima. La giornata è spaziale, cielo pulitissimo, ventilato, caldo caldo. Il primo vero caldo. Noi adulti over 50 possiamo scegliere se indossare o meno la muta anche quando l’organizzazione decide che è vietata. Cosa vuoi, agevolazioni per anzianotti.
Ovviamente quasi tutti decidono di metterla, me compresa. Quindi 20minuti di vestizione e qualche santo, per il caldo e per la fatica che sempre si fa a infilarla. Poi di tutto punto vestita, porto lo zaino al deposito borse, perdendo circa due chili in sudorazione, tra una barretta e un gel. Ma a breve si va in acqua a fare il test, cosa che consiglio prima di ogni gara come è stato consigliato a me, a suo tempo. Quasi passa la paura. Ma l’emozione, quella no, non passa. 

SI PARTE. Nuotata fino alla boa e ritorno per testare la temperatura, la trasparenza, il livello di panico. Tutto sotto controllo. Alghe ce n’è, l’acqua è caldo, il panico non esiste. Brief pregara. Ore 13.30. E’ ora. Tutti al molo che c’è Linus a dare il via. Puntualissimo. La mattanza ha inizio, calci e sberloni ma fa parte dl gioco, seguire il filo delle boe e cercare di non allontanarsi per non fare metri in più.
La prima boa passa, la seconda, la terza ed ecco che arrivano i primi uomini.., sti squali malefici che quelli sì, danno manate! Perdo un pò la strada, respiro tranquilla e vado per la mia via. Nonostante gli allenamenti di 3000 m in piscina, mi paiono infiniti sti 1500 metri. Ma ecco il gonfiabile che si palesa bello di fronte ai miei occhi, come fosse la Madonna in persona.

T1 E FRAZIONE BICI. Quando esco dall’acqua e no, non mi vengo a sdraiare vicino a te, corricchio mentre mi sfilo la muta senza i pasticci delle gare di un mese fa, e arrivo alla bici., come dire barcollo ma non mollo. La muta da sfilare è ancora un problema da risolvere, ho tutta l’estate per esercitarmi e spero di farcela!, Casco in testa, piedi asciutti calze e scarpette e via di corsa alla fine della transizione per salire in sella. Come ti siedi hai già dimenticato di aver nuotato. Ora 40 km con il vento in faccia. Tutta la frazione da sola come sempre, prima o poi quando diventerò veloce riuscirò ad attaccarmi a qualche treno femminile. Le gambe bruciano, 5 lap da 8 km e poi si rientra in zona cambio.

LA CORSA. Scendo dalla bici, un pò provata. E’ vero fa caldo ma si sta bene, c’è aria. Eppure. Eppure c’è qualcosa non va. In questo cielo. Le gambe di legno, i crampi alle cosce, il respiro affannato, il nonrespiro, l’ansia, il panico, gli romani, le scalmane, le cavallette, il terremoto. È successo a qualcuno di voi? Se si, fatemi sapere come avete risolto. Voglio ritirarmi. Ai primi volontari e giudici di gara lo dico, ma cercano di farmi desistere e di continuare. Continuo ma proprio non respiro, faccio fatico.. che ne so. Voglio ritirarmi. Vado avanti ancora un pezzo, un pò corro un pò cammino un pò mi rilasso un pò no. Faccio il primo ristoro. Voglio ritirarmi. Mi viene da piangere, il magone, il panico più che altro. Non respiro. Voglio ritirarmi. L’arrivo è abbastanza vicino, ho fatto forse un paio di chilometri o poco più, il percorso di 10km passa vicino al traguardo per poi fare il giro completo dell’Idroscalo. Non posso farcela. Non voglio più. Voglio ritirarmi.

RITIRATA. Arrivo al bivio dei tappetti. Posso decidere se andare a sinistra, su quello rosso del traguardo verso i giudici e ritirarmi o a destra su quello azzurro e proseguire per altri 7 km. Giro a sinistra, siamo nati per soffrire sì, ma sono dell’idea che per sport non bisogna morire, la sofferenza ci sta, la fatica il sudore le madonne anche.. ma morire per una gara anche no. Mi fermo, continuare sarebbe una sofferenza inutile e gratuita. Consegno il chip e ritorno a respirare.

MA TANT’È. E’ andata così e non posso farci niente, almeno al momento. A volte va bene, altre benissimo, alcune invece no. E’ sport, siamo amatori, accettiamo la sconfitta come la vittoria. Ne parlo subito con il coach per fare un piano d’attacco differente, altrimenti a Cervia sarà una disfatta.

LA LIERAC BEAUTY RUN DELLE 21! Recuperato il respiro liberato la mente bevuto litri d’acqua preso il vassoio del pastaparty mangiato due banane una pesca il pane ritirato lo zaino, fatto la doccia recuperato bici muta e salutato, pedalo tranquilla verso la macchina che mi porterà a casa dove velocemente preparo le cose per la Lierac Beauty Run. Lascio la bici, cambio lo zaino, caffè al volo e via verso l’Arena. Purtroppo perdo la sessione di yoga che si tiene per pochi invitati all’interno della palazzina Appiani e mi preparo per la gara.

ALLA RISCOSSA. Indosso la maglia dell’evento, spillo il pettorale e corro in griglia. Come se tutta la tensione e il non stare bene di qualche ora prima non fosse mai successo. Parto nelle prime file, tengo un buon ritmo per quasi tutta la gara, ovviamente accuso la stanchezza. Non è che sia Wonder Woman eh, mi fermo e rallento una decina di volte, ma ecco l’Arena all’orizzonte e l’ingresso sotto l’arco con tutto il tifo che mi sorprende e mi investe appena metto piede sulla pista e via allora che si vola!

Il mio triathlon in due tempi l’ho portato a casa, per fortuna che c’era la Lierac Beauty Run a salvare questa giornata e a salvarla alla grande! Una corsa dedicata alle donne, dieci chilometri in centro città, un fiume rosa scintillante a colorare il mio umore e questa strana lunga fantastica giornata di sport.
Un sabato così: dal triathlon al running, dall’Idroscalo all’Arena, da un tattoo nero a uno shine, dalle lacrime al sorriso, da una gara all’altra, dalla muta ai pants, dal #deejaytri alla #lieracbeautyrun, dall’alba al tramonto. Senza quasi passare dal via. Il mio sabato super sportivo è stato un mix di tutto ed è finito meglio di quello che sperassi.. una t-shirt rosa fluo glitterata, le trecce ancora in ordine e la 10km estiva più bella, tutta al femminile. Corsa in piena serenità e pure con un certo brio, nonostante la stanchezza. Un sabato di giugno, una giornata di grandissima festa, che si è concluso nel migliore dei modi, davanti a una pizza e una birra, così com’era iniziato.. poi nel mezzo, si sa, può sempre succedere di tutto.

E no, non sono Wonder Woman.

#deejaytri #trilikeadeejay
#lieracbeautyrun #readyshinego

 

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